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Pieve di San Michele in Clivolo

La chiesa di Clivolo, venne edificata, secondo il Verzone, dal 1050 al 1075. E’ intitolata a San Michele, santo di culto longobardo, venerato dopo la metà del VII secolo.


Descrizione

Già nel 1187 sembra però essere in crisi; infatti non figura più nell’elenco delle pievi eusebiane nella Bolla papale dell’epoca.

Nel 1270 venne fondato il borgofranco di Borgo d’Alice e gli abitanti abbandonarono Clivolo per trasferirsi nel nuovo paese. Pertanto è da presumere che ben presto sia incominciata la decadenza della chiesa.

Infatti già nel 1573 le pitture erano sciupate, come risulta dalla visita pastorale di Mons.Bonomi.

La chiesa di Clivolo venne restaurata più volte. Nel periodo barocco venne modificata la forma delle finestre e le pitture furono coperte da intonaco. Nel 1896 si addivenne ad un altro restauro della chiesa. Si provvide all’intonacatura interna dei muri e venne costruito il porticato antistante. Parte dei medaglioni del sottarco sinistro furono ricoperti da vernici ad olio. L’ultimo restauro avvenne nel 1969, quando fu tolto il porticato antistante e staccato il dipinto quattrocentesco, al centro dell’abside, che raffigura San Michele mentre lotta contro il male, difeso da una lucente armatura (ora conservato presso la Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici del Piemonte).

La chiesa era in origine a tre navate. La navata sud attualmente non esiste più, ma di essa rimangono visibili le fondamenta, messe in luce da uno scavo nel 1969.

La muratura è quasi interamente di mattoni legati con calce.

Sopra la porta d’entrata vi è una lunetta con un dipinto di San Michele. Quasi tutta la navata centrale era in origine dipinta ed ancora oggi si notano i resti di queste pitture in diversi punti. L’edificio conserva dipinti murali nel primo sottarco a sinistra ed altri nell’abside maggiore. Altri, infine, si trovano sulla parete destra.

Nel sottarco a sinistra dell’altare sono dipinti quattro tondi. In uno è raffigurato un santo martire con in mano la palma del martirio e nell’altra un libro, nell’altro tondo vi è un abate con in mano un “tau” (croce a T).

Al centro del sottarco, vi è la mano dell’Onnipotente, in atto benedicente sopra il mondo, con la scritta “DESTERA DI” (la destra di Dio). Nell’ultimo tondo vi è un diacono martire, molto giovane, con in mano la palma e nell’altra un libro. Ad un attento esame sembrerebbe raffigurare Santo Stefano, primo martire della cristianità. Si nota, infatti, di fianco alla figura, la scritta “STEPHAS”. Nell’abside sono raffigurati alcuni apostoli seduti in posizione frontale. San Pietro ha in mano un libro scritto, San Matteo (come precisa l’iscrizione ai lati S. MATH) e San Taddeo sono entrambi benedicenti e anch’essi tengono in mano un libro. In origine gli apostoli di San Michele di Clivolo dovevano presentare un impasto coloristico molto morbido e brillante. Il drappeggio dei loro vestiti è notevole per finezza e modellato: il loro corpo viene avvolto dagli ampi giri dei mantelli, da cui escono le mani che reggono il libro evangelico ed altri oggetti. L’apostolo Matteo, il più integro, presenta un volto in cui i tratti somatici vengono delineati con contorni neri ben definiti, mentre il suo sguardo fisso in avanti esprime una profonda intensità religiosa. L’artista medievale, per dare maggior stacco alla testa, si è servito del colore unito dell’aureola, permettendo al volto contemplativo ed umano dell’apostolo di contrastare sul fondo chiaro.

Nell’arco trionfale dell’abside sono dipinti dei pavoni, animali già sacri a Giunone, che i primi cristiani ripresero come simbolo d’immortalità e resurrezione. Alternati ai pavoni vi sono dei busti di giovani. Sotto vi sono dei pesci di ottima fattura.

Le pitture dell’abside sono ritenute dalla Gabrielli coeve alla costruzione della chiesa, ma un campione analizzato a suo tempo dalla Soprintendenza competente ha messo in luce, ad un centimetro di profondità sottostante le attuali pitture, un altro ciclo più antico dove appare un colore più brillante di quello superficiale.

A destra dell’abside è raffigurato San Cristoforo con il bambino in spalla.

Anche nella parete destra della chiesa vi sono pitture, come pure negli archi delle finestre.

Tra la porta e la finestra vi è un tondo con una persona seduta nell’atto di benedire o battezzare un giovane biondo quasi completamente nudo, seduto con le braccia appoggiate sulle ginocchia.

Tra le due finestre è rappresentato, in un altro tondo, un personaggio con tunica rossa, con le braccia aperte ed attorniato da lingue di fuoco.

Interessante è il colore dei capelli dei personaggi raffigurati: sono tutti di una gradazione che va dal biondo al rossiccio, al castano chiarissimo. L’influsso germanico, quindi, traspare non solo dal modo di effettuare le pitture, ma anche dai tratti somatici. Gli affreschi rivelano chiare derivazioni dal gusto germanico; intenso è il colore dai decisi stacchi, netta e ferma la lineatura, nobile e calmo l’impianto delle figure e forte, ma non calcata, l’espressività dei volti, caratteristico di un particolare indirizzo entro l’ambito ottoniano.

Sono, inoltre, dipinte greche alle pareti e foglie e tralci di vite alle finestre. Questi elementi ornamentali costituivano un complemento delle pitture. Nel periodo romanico, la decorazione pittorica non si sviluppava liberamente secondo la fantasia dei singoli artisti, ma seguiva, più o meno strettamente, schemi iconografici prestabiliti. Nella conca dell’abside, al centro dell’edificio, dominava generalmente la figurazione della “Maiestas Domine”, cioè di Gesù benedicente, circondato secondo i casi dai simboli degli Evangelisti, da Angeli o da Santi. Le pitture ricoprivano tutte le pareti e anche le volte delle cripte. Nei sottarchi vi erano medaglioni di santi e fregi fogliformi sui pilastri, nelle strombature delle finestre o nelle cornici delle volte. Le composizioni venivano collegate ed integrate da un complesso di elementi decorativi. Ciascun riquadro era separato dagli altri da piccoli bordi. I cicli di composizione erano poi limitati e racchiusi da ricche fasce ornamentali. In generale, le pareti terminavano in alto con un grande fregio con strisce sovrapposte di ornamenti, greche ricorrenti, motivi vegetali ed ornamentali. Talune di queste fasce circondavano poi, quale cornice variopinta, tutto l’insieme della composizione affrescata. Nella parte bassa, a guisa di zoccolo, erano sovente dipinte finte stoffe ricadenti a forma di festone.

Oltre che un ornamento vivace per colori e vario di linee, le pitture costituivano anche un mezzo d’istruzione per il popolo. Si deve considerare che, in tempo di generale analfabetismo, il linguaggio per immagini dell’arte, poteva servire a far conoscere gli episodi della tradizione biblica e le affermazioni della dottrina della Chiesa.

Oltre questo interessante ciclo pittorico del periodo romanico, la chiesa conserva un dipinto del 1456, che raffigura la Madonna seduta con il Bambino, che tiene in mano la scritta “EGO SUM LUX MUNDI”.

Questa millenaria chiesa, unitamente al suo ciclo di pitture murali, è tuttora il più antico e pregevole monumento di Borgo d’Ale, conservatosi ancora in tutta la sua armonica struttura, per merito delle cure delle generazioni borgodalesi succedutesi nel tempo e dell’interessamento di molti studiosi di fama.


Modalita di Accesso

Accesso durante gli orari di apertura

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Dove

Borgo d'Ale VC - 13040

Contatti

Orari di Apertura

Sempre accessibile

Pagina aggiornata il 29/09/2023 17:39:00

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